Cultura dei nativi americani
venerdì, 2 giugno '23
Movimenti Indiani di Resistenza.
Pubblicata giovedì, 8 gennaio '04
All'inizio del 1900 parecchie tribù isolate lottavano per impedire la lottizzazione delle riserve, fino a quando non si accorsero dell'importanza dell'unione per far sentire la loro voce. Nacquero così diverse organizzazioni intertribali che avevano come obiettivo portare a Washington tutte le proteste per le violazioni dei vari trattati. Si dovette aspettare però fino al 1944, quando fu fondato il National Congress of American Indians (NCAI), per avere un primo e concreto coordinamento ufficiale fra un centinaio di tribù, unite contro la pressione legale e politica del governo federale. L'NCAI è tuttora impegnato a imporsi come forza politica per salvaguardare la diversità culturale degli Indiani.
Gli anni Cinquanta vedono i pellerossa arroccati sulla difensiva contro il Termination Act: sessantuno comunità indiane subiscono il decreto ma azioni di protesta e manifestazioni riescono a evitare che sia esteso a tutte le tribù. Tuttavia questo ennesimo tentativo di etnocidio legale provoca una generale sfiducia nel popolo indiano.
Poi, però, arrivano gli anni Sessanta e Settanta, arrivano i figli che hanno studiato e che non si fanno più tanto intimorire dalla selva di leggi e leggine create ad hoc per impastoiarli, arrivano i movimenti per i diritti civili, il movimento afro-americano, quello anticoloniale.
Nascono nuove organizzazioni indiane che hanno come modelli quelle già attive delle altre minoranze: nelle loro fila militano soprattutto studenti e operai delle città, anche se il punto di riferimento e di rivendicazione resta sempre la riserva.
Fra le organizzazioni che hanno avuto un'eco nazionale e internazionale ricordiamo il National Indian Youth Council (NIYC) fondato nel 1961 e l'American Indian Movement (AIM) del 1968.
Oltre che servirsi di tutti gli strumenti giuridici per tutelare i diritti degli Indiani, le organizzazioni si fanno promotrici di manifestazioni eclatanti, con l'intento di sensibilizzare l'opinione pubblica sui vari problemi vissuti dalle popolazioni indiane, a partire dai diritti di caccia e di pesca nei territori delle riserve.
Nel novembre 1969 gli Indiani si insediano simbolicamente sull'isola di Alcatraz e vi organizzano cerimonie con danze e canti.
Nel 1971 c'è l'occupazione (durata per altro solo un giorno) della Mayflower III, copia della nave che approdò a Plymouth con i Padri Pellegrini.
Nel 1972 centinaia di Indiani sfilano a Washington in un corteo chiamato "Carovana Dei Trattati Infranti" e che si conclude con una settimana di occupazione della sede centrale del Bureau of Indian Affairs.
Nel 1973 militanti dell'AIM occupano il villaggio di Wounded Knee nella riserva di Pine Ridge, South Dakota. Le loro richieste sono: abrogazione o modifica radicale dei vari trattati imposti agli Indiani con la violenza o l'inganno, abbandono da parte del governo federale della politica dell'integrazione forzata, destituzione dei capi delle singole tribù non giudicati degni portavoci degli interessi indiani ( se non addirittura traditori e corrotti). Malgrado le ingenti forze di politica schierate, FBI compresa, l'occupazione dura dal 27 febbraio all'8 maggio e vi perdono la vita due Indiani mentre parecchi agenti federali restano feriti.
Nello stesso anno, più a nord, gli Indiani protestano contro la politica del governo canadese: pur partendo da una rivendicazione circoscritta e locale, la situazione si allarga e diventa un dibattito internazionale sui diritti degli Indiani.
Nel 1978 viene organizzata la "Marcia Più Lunga", dalla California a Washington, anche questa per sensibilizzare l'opinione pubblica internazionale sui diritti violati degli Indiani.
E qualche cosa si è ottenuto: delegazioni indiane sono state ricevute e ascoltate all'ONU e, nella stessa sede, alcune organizzazioni hanno ottenuto il riconoscimento di organismi non governativi con status consultivo permanente.
Nel frattempo è nata una nuova consapevolezza ecologica anche fra i cittadini delle nazioni più avanzate e il desiderio di un diverso rapporto con la natura ha fatto riscoprire l'antica saggezza indiana anche sotto questo aspetto. E sempre parlando di "riscoperte" anche l'arte indiana ha avuto i suoi momenti di gloria, così molte gallerie famose hanno allestito intere mostre su manufatti indiani.
Ma l'uomo bianco dimostra ancora una volta una capacità unica di utilizzare tutto e tutti (anche i cosidetti nemici) per il proprio tornaconto: subito sono nate industrie alimentari biologiche per soddisfare la domanda del mercato "ecologico", e i galleristi hanno fatto pacchi di soldi vendendo prodotti dell'artigianato indiano.
Intanto le tante cause legali contro l'esproprio o l'acquisto con l'inganno di terre tribali sono ancora ferme nei vari tribunali e solo pochi territori sono stati restituiti ai legittimi proprietari, fra cui ricordiamo i quarantottomila acri del territorio sacro dei Pueblo situato intorno al Blue Lake, nel New Mexico e i ventimila acri nello Stato di Washington restituiti ai Yakima.
Negli anni Ottanta e Novanta il movimento indiano ha subìto un rallentamento. L'ondata di attivismo dei decenni precedenti ha sicuramente ridato al popolo indiano più consapevolezza, ha creato una fitta ragnatela di legami fra le riserve, ha evidenziato le esigenze comuni fra tutte le tribù. Ma pur non accettando per buona la civiltà dei bianchi, gli Indiani si trovano davanti a delle domande a cui è molto difficile rispondere. Non vorrebbero staccarsi dagli Stati Uniti, ma è possibile mantenere una società basata su un'economia senza proprietà privata all'interno di un Paese basato sulla proprietà privata? Come conciliare l'esigenza tipicamente indiana di solidarietà tribale quando tutto intorno la logica vincente è quella del profitto? Dentro questo mondo, una riserva indiana non si trasforma inevitabilmente in un parco per turisti?
I nostri Inuit, lassù nel freddo Nord, collegati fra loro e con il resto del mondo grazie a Internet, hanno dalla loro il ghiaccio e una natura tanto bella quanto estremamente dura. Ma più a sud gli Indiani, anche se fieri delle loro tradizioni, si ritrovano con i bambini che hanno scordato la lingua dei nonni. E la terra, la loro amata terra, sventrata per cercare minerali, carbone, oppure avvelenata dai prodotti chimici distribuiti ovunque per aumentare i raccolti. E i fiumi, dall'acqua ormai inquinata, privi di pesci, interrotti da dighe, con tutto il territorio attorno stravolto. E quante specie di animali, i fratelli animali, sono nel frattempo scomparse?
Anche l'Indiano, secondo i calcoli dei bianchi, doveva scomparire, eppure è ancora qui, pieno di dubbi, di disperazione forse, ma anche di ricordi. E dalla sua capacità di ricordare può infine nascere una nuova speranza.