Pubblicata mercoledì, 17 marzo '04
Qualcuno, una volta osservò:
"in tutta l'America, dal nord al sud, la cultura dominante riconosce gli indiani quali oggetto di studio, ma li rinnega come soggetti di storia. Gli indiani hanno folcklore, non cultura; praticano superstizioni, non religioni; parlano dialetti, non lingue; creano artigianato, non arte".
La cultura occidentale ha creato, dell'indiano d'America, un'immagine a due facce, come quelle d'una stessa medaglia: l'ostile selvaggio e il nobile selvaggio. L'ostile pellerossa, archetipo di un'ontologia hollywoodiana degli anni sessanta, che infligge dolore e distruzione al pacifico colono bianco e cristiano che aspira solo a lavorare la terra (dell'indiano) e costruire un futuro migliore per la sua progenie dagli occhi blú.
E il nobile selvaggio, innocente primitivo, in idillica, rispettosa armonia con la natura, rappresentato in più recenti - ancorchè rare - produzioni cinematografiche.
Quest'immagine è sì radicata nel nostro immaginario da condizionare, come una sorta di ipoteca subliminale, ogni approcio con queste culture diverse. È prerequisito essenziale, allora, a un'analisi onesta e produttiva della Resistenza Indiana per preservare - ieri, e riguadagnare - oggi, l'antica identità, sgombrare la mente da ogni siffatto pregiudizio e centrare l'attenzione sulla cruda sostanzialità degli accadimenti storici e politici.
Resistenza e razzismo colonialista
E la storia ci dice di terre occupate e deportazioni; acculturazione forzata, perseguita negando la pratica di religioni e lingue diverse. E ancora, di genocidio fisico e culturale; degli eroi della resistenza di ieri, come Toro Seduto, e degli eroi della resistenza di oggi, come Anna Mae che insieme a tanti, troppi altri, ha immolato la sua giovane esistenza per spezzare le catene di un pervadente colonialismo razzista.
Ché quella di popoli colonizzati e discriminati, confinati dalla razza dominante via un mix di pregiudizio culturale e potere politico, economico e sociale, in un umiliante Confino Intellettuale, è l'odierna condizione dei figli dei primi abitanti d'America.
Da Colombo all'American Indian Movement
Dai diari di Colombo:
"questa gente è ingenua al punto di cedere ogni cosa senza nulla chiedere in cambio". I diari ci dicono anche dei suoi sistemi tributari: "ogni 90 giorni, dall'età di 16 anni, i Taino dovevano consegnare una data quantità di oro pena il taglio delle mani. Chi tentava la fuga era amputato delle gambe". I Taino vennero sistematicamente messi in catene e deportati in Spagna in schiavitù.
Cristoforo Colombo (1492) e Giovanni Caboto (1497) avevano aperto il continente Americano a una massiccia invasione che avrebbe presto portato olandesi, inglesi e francesi a reclamare le terre dei nativi per conto dei loro regnanti.
Tra il 1865 e il 1890 - anni della formazione della Confederazione Americana - erano ufficialmente in atto 64 guerre indiane. Nel medesimo periodo 400, le medaglie al valore conferite dal parlamento degli Sati Uniti d'America. 20 a glorificare il massacro di 360 uomini, donne e bambini inermi a Wounded Knee.
Nel 1890, al termine delle guerre indiane, oltre 400 i trattati sottoscritti e violati. E con Geronimo in catene e Toro Seduto assassinato, rimosso l'intralcio della resistenza i governi della Confederazione potevano perseguire quella politica di progressivo annichilimento culturale che avrebbe regalato agli indiani il primato continentale della disoccupazione, una frequenza del suicidio dieci volte la media nazionale, i più alti livelli di povertà e alcolismo in Nord America.
Nasce l'A.I.M
Fu per resuscitare la resistenza al tentativo, sempre più palese, di rimozione completa e radicale dei nativi dal contesto storico del continente - resistenza sopita ormai da ottant'anni - che alla fine degli anni sessanta Dennis Banks, Russell Means e Clyde Bellecourt fondarono a Minneapolis, in Minnesota, l'American Indian Movement.
Nato come movimento spirituale per riguadagnare la perduta identità culturale attraverso la riscoperta delle lingue, canzoni e preghiere indiane, in contrapposizione alle campagne per l'uso esclusivo dell'inglese perseguite dai governi degli Stati Uniti d'America, l'AIM divenne presto il motore d'un'intensa attività politica diretta principalmente a confrontare quegli stessi governi sul terreno della loro truffaldina politica dei trattati.
In pochi anni - siamo al 1975 - 75 i membri dell'AIM caduti nella sola riserva di Pine Ridge. Da allora oltre 300 gli attivisti indiani assassinati, quasi tutti affiliatiall'AIM, e moltissimi altri imprigionati.
L'articolo 6 della Costituzione degli Stati Uniti afferma che i trattati sono Legge dello Stato, ma i governi di quel Paese non ne hanno mai rispettato nessuno. Secondo quei trattati la Nazione Lakota di Pine Ridge è Nazione Sovrana, e tali sono tutte le altre Nazioni Indiane.
La Costituzione degli Stati Uniti garantisce agli attivisti Indiani detenuti lo stato di prigionieri politici. La giustizia di quello stesso Paese continua a ignorare la propria costituzione.
Gli indiani chiedono il nostro aiuto
Potremmo, per cominciare, educare noi stessi e i nostri cari sui problemi concreti dei nativi, sforzandoci di evadere dai nostri pregiudizievoli schemi di riferimento. Di certo, un sincero e rispettoso dialogo culturale sarà impossibile senza la sconfitta di ogni forma di razzismo e oppressione.