Pubblicata lunedì, 3 dicembre '07
Il mezzo principale con cui gli Anishinaabe si sostentavano era la raccolta del riso d’acqua al termine dell’estate sulle sponde dei tanti laghi che costellano il loro territorio. Il riso d’acqua (Zizania palustris) è in realtà il seme di un’erba acquatica e non un riso (Oryza sativa), pur essendo parente del grano. Come il riso vero e proprio, cresce in acqua bassa e in campi allagati (risaie), ma contiene più proteine e meno carboidrati ed è pertanto un alimento più completo del riso vero.
Per gli Anishinaabe il riso d’acqua era sacro; il termine con cui lo indicavano, manoomin, significa “bacca buona”. La storia della migrazione che raccontano gli Anishinaabe, “il popolo originale”, parla di una profezia che ordinava loro di insediarsi “là dove cresce la bacca buona nell’acqua”. Il Midwest settentrionale e il Canada meridionale, la zona dove si trova la riserva di White Earth, sono il centro della biodiversità e del plasma germinale di questa pianta.
Fino agli anni Sessanta gli americani nativi avevano in pratica il monopolio del mercato. Il riso d’acqua, wild rice per gli americani, dal tipico aroma di noci, restava un cibo effettivamente selvatico e continuava a realizzare la profezia secondo cui avrebbe contribuito a sostentare le persone che lo raccoglievano. Era un modo per aiutare a mantenere gli americani nativi che lavorano nel mondo moderno; nelle parole di Spud Fineday della riserva di White Earth, "per comprare i vestiti per la scuola e aggiustare le automobili in vista degli inverni molto lunghi e freddi del Minnesota settentrionale".
Tuttavia, a partire dagli anni Sessanta l’industria ha cominciato a trovare il modo di coltivare quello che fino ad allora era riso selvatico. Le grandi aziende alimentari del Minnesota, lo stato in cui sono sorti molti dei più grandi mulini del paese, hanno iniziato a coltivare il riso d’acqua in risaie; nel 1968 la quota coltivata rappresentava già il 20 per cento del totale del Minnesota. Poi la situazione è precipitata. Quella che avrebbe dovuto essere un’iniziativa positiva – la designazione, nel 1977, del riso d’acqua come pianta ufficiale dello stato del Minnesota – si è rivelata un disastro economico e morale per gli Anishinaabe. Con la designazione statale ufficiale sono affluiti fondi pubblici per la ricerca. All’inizio degli anni Ottanta le varietà “migliorate” di riso non più selvatico si erano così diffuse che la produzione con ibridi nelle risaie superava quella delle varietà indigene.
I miglioramenti sono stati rovinosi sia per gli agricoltori industriali dello Stato sia per gli americani nativi, perché le nuove varietà, molto più resistenti e uniformi, potevano essere coltivate nello stato che vanta la maggiore industria agricola del paese, la California. Nel 1986 più del 95 per cento del riso d’acqua degli Stati Uniti era coltivato in risaie, in gran parte in California settentrionale: in queste, solcate da canaletti, gli agricoltori industriali potevano controllare l’intero ciclo produttivo e garantire raccolti ottimali. Gli americani nativi spesso hanno perso metà del loro riso a causa del vento e dei rovesci che abbattono i semi, operando così una benefica nuova semina naturale ma danneggiando gli uomini. I prezzi sono scesi a tal punto che perfino le industrie del Minnesota sono state spodestate dal mercato.
Il nuovo riso ibrido e a basso costo, aveva poco a che fare con le coltivazioni autoctone spontanee e non diede alcun beneficio alle popolazioni locali, con l’eccezione forse dei lavoratori messicani emigrati che lavoravano per le fattorie industriali della California.
Come beffa finale, i ricercatori hanno cominciato a brevettare le varietà. Poi sono arrivate le manipolazioni genetiche, che offendono LaDuke e gran parte della comunità nativa. I ricercatori dell’Università del Minnesota hanno già creato una mappa genomica del riso d’acqua; verranno prodotte nuove varietà resistenti alle malattie e più robuste, sia mediante modificazione genetica sia con il vecchio sistema degli incroci.
Al di là dei danni culturali ed economici che le varietà modificate provocano, afferma il WELRP, se gli ibridi vengono coltivati in risaie vicine alle terre indiane finiranno per incrociarsi con le varietà selvatiche e minacciare irreparabilmente la diversità naturale. Il WELRP conduce campagne presso l’Ufficio Brevetti degli Stati Uniti affinché neghi un brevetto a un progetto in atto in Australia per inserire il DNA del riso d’acqua in altre piante e animali.
*White Earth Land Recovery Project – WELRP