Pubblicata sabato, 3 gennaio '09
Il nome fu dato dagli europei agli indigeni dell’America. Deriva dall’uso , proprio di alcune tribù, di tingersi il viso con ocra rossa.
Quando nel 1492 Cristoforo Colombo diede inizio al suo viaggio, contava di giungere nelle Indie. Invece egli trovò un nuovo mondo e nuovi popoli, che chiamò "indiani".
Colombo congetturava che la Terra fosse rotonda. Navigando verso l’occidente egli riteneva di raggiungere le Indie più velocemente che circumnavigando l’ Africa. Non sapeva che sulla sua rotta si trovava un grande continente, poi chiamato America.
Quando raggiunse i Caraibi, pensò di essere in Asia e che gli abitanti di quelle isole fossero indiani.
Altri europei colonizzarono poi le terre degli "indiani", molti dei quali furono uccisi o ridotti in schiavitù.
Ma da dove provenivano gli indiani d’America?
Colombo si era sbagliato, ma i pellirosse erano in effetti indiani, giunti dall’Asia migliaia di anni prima.
Gli indiani d’America sono molto simili ai Mongoli che vivono ancora nell’Asia orientale. Per raggiungere l’ America Settentrionale gli indiani passarono su una lingua di terra che allora univa i due continenti, nel punto in cui oggi sono separati dallo Stretto di Bering. Essi cominciarono a stabilirsi in America circa 25000 anni fa. Vivevano di caccia e di pesca e formavano numerose tribù, ciascuna delle quali aveva usanze diverse. Queste genti dovevano fare i loro viaggi a piedi, giacché in America i cavalli si erano già estinti prima del loro arrivo.
Furono gli spagnoli a reintrodurre i cavalli in America, nel ‘500.
L’abbigliamento degli indiani aiutava a identificare la tribù di appartenenza e a distinguere l’importanza della persona, ma era quasi simile tra uomo e donna: entrambi portavano casacche in pelle di daino, gli uomini i gambali, le donne i mocassini.
I vestiti principali dei pellirosse erano: PONCA, PAIUTE, MANDAN.
I guerrieri di alcune tribù si rasavano il cranio lasciando solo un ciuffo di capelli che costituiva una specie di sfida ai nemici ansiosi di scotennarla.
L’alimentazione variava in base alle regioni, nel settentrione si consumava più carne di cervo, di bisonte, di uccelli; nel meridione la dieta era per lo più a base vegetariana: patate, fagioli, mele, zucche, meloni, peperoncini e granoturco. Erano molto importanti anche le piante selvatiche, di cui utilizzavano i semi, le radici e le foglie.
Alcune tribù coltivavano vaste distese di riso selvatico che cresceva lungo le sponde dei corsi d’acqua; veniva raccolto poco prima della maturazione, utilizzando canoe sospinte nelle zone allagate, le spighe percosse con uno strumento piatto, lasciavano cadere i chicchi sul fondo dell’imbarcazione. Il riso veniva essiccato al sole, battuto e setacciato. Dopo un accurato lavaggio era pronto per la cottura o per la conservazione.
L’acqua era la bevanda più comune degli indiani, ma amavano dissetarsi anche con le tisane ottenute da infusi di piante o di foglie.
Alcune tribù costruivano case di terra o capanne di frasche. I pellirosse vivevano in tende dette TEPEE o TUPIK. Erano costruite con una dozzina di lunghi bastoni che si incrociavano alla sommità , fissati nel terreno a forma di cerchio . Questa struttura veniva ricoperta da pelli di animali, lasciando però un’ apertura per far uscire il fumo. L’ arredamento era semplice:
come letto usavano pellicce di bisonte distese per terra.
ORGANIZZAZIONE POLITICA
Presso gli indiani dell’America settentrionale esistevano varie forme di governo: gruppi famigliari, comunità villaggio, confederazioni di tribù altamente organizzate.
LA CONFIGURAZIONE TRIBALE
Elemento importante della struttura politica era il pagamento di un “tributo” versato sottoforma di prodotti dei campi, della cacciagione, di perline, di rame al capo. Serviva sia a confermare la ricchezza della persona, che la sua sottomissione e disponibilità a seguire il capo in tutte le guerre.
ATTIVITA’ PRINCIPALI
L’economia dei pellirosse si basava principalmente sull’agricoltura e sulla caccia al bisonte, alla balena, al salmone, all’alce al caribù, all’aquila.
CACCIA AL BISONTE
Ogni sua parte viene utilizzata: la carne come cibo, la pelle per confezionare vestiti, i tendini come fili e corde per gli archi.
CACCIA ALLA BALENA
Era la caccia più drammatica e spettacolare, per effettuarla venivano usate canoe lunghe 10 metri. Questa caccia si svolgeva sull’isola di Vancouver.
CACCIA AL SALMONE
La caccia al salmone era meno pericolosa di quella delle balene perché richiedeva solo abilità e pazienza. Il salmone era il pesce per eccellenza, la fonte di cibo importante per gli indiani quanto il pane per i bianchi.
CACCIA ALL’AQUILA
L’aquila veniva cacciata perché era simbolo di potenza e libertà. Volando in alto e veloce poteva essere cacciata solo scavando buche nel terreno dove il cacciatore poteva restare in piedi senza essere visto. Le penne venivano usate dalle tribù indiane per le insegne religiose e cerimoniali; se un indiano portava una penna d’aquila si pensava che fosse protetto da essa.
RELIGIONE E CULTURA
I Pellirosse credevano in un unico creatore dell’universo “il grande spirito” rappresentato dallo “Sciamano”, il sacerdote che esplica le sue funzioni divinatorie e terapeutiche. Il grande spirito sta dentro anche ad ogni cosa animata, flora o fauna o inerte, il vento, la pioggia, la neve, i fiumi, i laghi, le montagne; può essere buono o malvagio.
La danza e la musica avevano funzioni propiziatorie e si ricorreva ad esse, in forma di preghiera, per sollecitare la benevolenza del grande spirito. Prima della caccia si celebrava la danza del bisonte per ottenere un esito positivo; la danza del sole veniva fatta per chiedere al grande spirito di dare prosperità e di scongiurare le carestie.
Il genocidio degli indiani d'america
«Nel 1492 Cristoforo Colombo, alla ricerca di una nuova rotta per le Indie, approdò sulle coste di isole misteriose. Con sua grande meraviglia non vi trovò "nessun mostro come ci si poteva aspettare", ma "uomini alti e ben fatti". Equivocando, l'ammiraglio ancora non sapeva di essere approdato in un altro continente; e solo per sbaglio chiamò "indiani" gli uomini che aveva appena incontrato».
Per anni l'Europa non si mostrò molto interessata al nuovo continente.
Successivamente la bramosia di possesso, il mito dell'oro, l'interesse verso le pregiate pellicce e il fascino dell'avventura, rappresentarono un micidiale cocktail distruttivo e fornirono il pretesto per rendere manifeste quelle che sono le peggiori qualità dell'uomo d'ogni tempo.
Quel misto di avventura ed ingordigia fece da combustibile e spinse verso occidente i grandi velieri.
Il mercato delle pellicce che giungevano dal continente appena "scoperto" alimentò ben presto, e a dismisura, le vanità degli europei, aumentò così vertiginosamente la richiesta di queste pregiate mercanzie.
I furbi avventurieri sbarcati nel nuovo mondo, cominciarono così a barattare con gli "indigeni del posto" ad esempio oggetti di scarsissimo valore con pregiate pelli di lontra, e i propri vestiti rabberciati destinati alla pattumiera con le stupende pelli di castoro faticosamente procurate dagli 'indiani'.
L'America diventò il grande magazzino di pellicce per l'Europa... Agli indiani il compito di riempirlo.
Gli europei inoltre fecero conoscere ben presto ai 'selvaggi' l'inebriante acquavite - che usavano per stordirli prima delle 'trattative' - nonché altre *magiche cose* con le quali cercavano di ingannare gli ingenui abitanti del luogo. I furbi mercanti del vecchio continente fecero di questi espedienti preziosi alleati.
La trappola illusoria del vantaggioso baratto disorientò ben presto alcuni fra gli 'indiani' più scriteriati. Diverse comunità, che mai avrebbero pensato di dover affrontare una situazione simile, si trovarono impreparate nel dover affrontare questo mistificatorio nemico. Questo nuovo nemico 'rapiva la mente' degli stolti e giungeva a volte sino ad essere più forte del sacro rispetto per la veneratissima Madre di tutte le cose: Madre Natura. Un sacro rispetto, punto focale della cultura indiana, che ogni indiano aveva ben radicato dentro di sé, almeno sino a quell'infausto incontro con l'uomo bianco.
Madre Natura, prodiga di frutti benedetti, Madre natura, amorosa dispensatrice di ogni bene, Madre Natura, madre di tutti gli animali, anche di quelli da cacciare ed uccidere, per reale bisogno, in 'confronti' leali e senza inutili sprechi.
La ingannevole rete tessuta dai bianchi arrivò a disorientare, anche se solo temporaneamente, l'ignaro pellerossa che giunse ad affermare: "Il castoro fa le cose per bene: sa fare le pentole, le accette, le lesine, i coltelli...".
Questo nuovo ed ingenuo slogan coniato dagli indiani rende oggi bene l'idea dei 'vantaggi' che inizialmente derivavano dal commercio delle pellicce; vantaggi fatali però, che decretarono la condanna a morte di tutte le culture locali.
Gli indiani non potevano immaginare che, adottando il pensiero degli europei, avrebbero messo in moto l'ingranaggio destinato in breve tempo a stritolarli senza alcuna pietà.
Gli uroni, gli irochesi e gli indiani delle coste nord-occidentali cercarono di affrontare il disorientamento legato a questa nuova 'mania della negoziazione' e dettarono delle regole; ammisero il commercio con i bianchi (purché sobrio e misurato) e l'arricchimento di alcuni componenti della collettività. Il profitto derivante dagli interscambi però non doveva assolutamente generare disuguaglianze, né marcare differenze di sorta con gli altri membri della comunità; rimaneva perciò decisamente in vigore il principio della redistribuzione, che anzi doveva essere ulteriormente rafforzato e sviluppato con nuovi criteri.
Ma l'europeo, che primeggiava in astuzia, impose senza indugio l'introduzione di nuovi sistemi commerciali.
Le virtuose consuetudini "socio-economiche", ancestrali per le comunità indiane, finirono così per essere gradualmente distrutte. L'introduzione successiva di nuove e mirate mercanzie snaturò totalmente il modo di vivere indiano e ne segnò definitivamente la caduta. La caccia, il commercio e la distorsione culturale, mutarono radicalmente il sistema di vita e l'alimentazione delle tribù che giunsero così a dipendere completamente dagli scaltri europei.
Allo stesso modo dell'arricchimento di uno ai danni dell'altro e delle disuguaglianze fra uomini, anche la proprietà fu un principio che sfuggì completamente all'indiano, che non riuscì mai a comprendere come si potesse pretendere di acquistare alberi, fiumi, prati, spiagge o laghi...
ma il problema non infastidiva per nulla il bianco, poiché quasi mai si parlava di 'comprare', per lui le nuove terre erano abbandonate e non sfruttate, e la Bibbia stessa affermava che Dio li aveva guidati in quei luoghi: il nuovo paese apparteneva a loro.
L'illusione del nuovo vantaggioso rapporto con il bianco però cedette presto il passo ai reali obiettivi dell'invasore, i marinai palesarono le loro vere intenzioni e iniziarono così i maltrattamenti, i 'selvaggi' furono trattati come schiavi, si abusò delle loro donne, le trattative non furono più rispettate. Così i poveri malcapitati, terrorizzati ed increduli, per sottrarsi alla presenza dei bianchi, si ritirarono nelle foreste interne.
Alla iniziale generosità indiana dunque, i bianchi, popolo eletto di Dio, a cui era stata affidata "la divina missione", risposero con avidità e maltrattamenti d'ogni tipo, e non si fecero alcuno scrupolo poichè gli indigeni erano considerati «crudeli, selvaggi, barbari e figli di Satana».
Non esitarono a coercizioni di ogni tipo e pretesero obbedienza nel combattere contro altri stranieri, fedeltà alla loro causa e prosternazione nella casa del loro Dio.
Più tardi i bianchi si discolperanno dicendo, sicuri del proprio diritto, che non sarebbe stato giusto arretrare davanti a nulla e che era un sacro dovere ridurre al loro volere quei selvaggi, che senza il loro provvidenziale aiuto sarebbero morti di fame e di freddo.
Alla fine così gli indiani (fino a qualche anno prima popolo pacifico), dopo aver troppo subito, esasperati, reagirono con la violenza, fornendo così il pretesto tanto anelato dall'assetato conquistatore.
Da allora in poi la lotta contro "i rivoltosi" venne condotta senza esclusione di colpi, non si rispettarono più i rappresentanti, durante le trattative vennero offerti liquori avvelenati, si sterminarono donne e bambini, si bruciarono interi villaggi.
Come da antica ricetta venne adottata furbescamente e strategicamente una politica, tanto nota ancor'oggi: la corruzione degli uomini chiave.
La "politica dei regali" (ricompensa degli individui "buoni", disposti a combattere a favore) ebbe inevitabili, pesanti ripercussioni all'interno delle comunità indiane, si disgregarono così le gerarchie interne e alla fine il bianco ebbe addirittura la pretesa di nominare lui stesso i capi-tribù.
Eccitante ed entusiasmante fu allora per i bianchi riuscire a uccidere il guerriero indiano che: «avanza come una volpe, si batte come un lupo e sparisce come un uccello».
Tragico ad esempio era invece per l'irochese cadere in battaglia, il peggior destino che potesse capitargli, poichè il suo spirito, non potendo essere ammesso al "villaggio dei morti", sarebbe stato condannato a vagare, la sola speranza che rimaneva era quella di essere vendicato, la fraterna vendetta, solo ed unico mezzo per unirsi nei cieli al proprio popolo e poter ritrovare così i propri antenati.