Cultura dei nativi americani
martedì, 10 settembre '24
Idle No More: ecco l'Occupy canadese
Pubblicata lunedì, 14 gennaio '13
Per molti osservatori è il movimento di protesta più importante in tutto il Nord America dopo Occupy. Da inizio dicembre le comunità di nativi americani del Canada stanno inscenando marce, blocchi stradali e flash mob in tutto il Paese, ricevendo la solidarietà di gruppi locali e internazionali. Il motivo è presto detto: dei cambiamenti normativi sostenuti dal governo provocheranno una sensibile diminuzione della tutela ambientale e dei diritti dei nativi, già fortemente penalizzati dall'estrazione delle sabbie bituminose nella regione dell'Alberta.
La protesta, denominata "Idle No More", sembra dare i primi, timidi frutti. Anche a seguito dello sciopero della fame, ormai arrivato alla quarta settimana, da parte della leader comunitaria Theresa Spence e di altri due attivisti, il premier canadese Stephen Harper ha deciso di incontrare una delegazione dei nativi per discutere del problema. La riunione è in programma l'11 gennaio.
Ma la Spence ha già fatto sapere che la sua astinenza da cibo continuerà finché l'esecutivo di Ottawa non intraprenderà delle azioni concrete e con ricadute positive sulla vita delle comunità indigene, i cui membri da troppo tempo si sentono trattati come cittadini di seconda categoria.
Intanto le molteplici iniziative di "Idle No More" non si fermano, continuando a portare alla ribalta un movimento che nasce dal basso e su forte spinta delle associazioni aborigene femminili.
La tutela del territorio è chiaramente alla base delle rivendicazioni dei nativi. Sebbene prevista dalla Costituzione, viene aggirata spesso e volentieri, soprattutto in nome dello sfruttamenti petrolifero. Il caso delle tar sands è molto esemplificativo.
Per farsi un'idea, basti pensare ai dati sul "ground zero" delle devastazioni operate nella regione dell'Alberta: il villaggio di Fort Chipewyan, sulle rive del fiume Athabasca e a valle di numerose miniere. È lì che si registra il picco di tumori (30 per cento al di sopra dei valori nazionali) e di gravi deficienze al sistema immunitario. Sono numerose, però, le località che patiscono gli effetti di un'attività al limite della sopportazione umana e dell'ambiente. Le riserve stimate di sabbie bituminose canadesi sono immense: si calcola che rappresentino la seconda maggiore riserva di greggio al mondo, per un totale di 174 miliardi di barili, e coprono una superficie di 4 milioni di ettari. Ovvero un territorio più grande dell'Inghilterra.
Le compagnie che operano in Alberta sono alcune delle "solite note". Oltre a un novero di aziende locali, troviamo la anglo-olandese Shell, la francese Total, la norvegese Statoil, la statunitense ConocoPhillips e l'ormai tristemente famosa Bp, con sede a Londra. Il processo di estrazione fa sì che per un barile di greggio ricavato dalle sabbie sono necessari tra i due e i quattro barili di acqua. Non a caso la fonte idrica primaria per questo tipo di operazioni è l'Athabasca, che dopo un percorso di oltre 1.200 chilometri si immette nell'omonimo lago. Ogni anno 539 milioni di metri cubi d'acqua, in base alle licenze siglate con le autorità locali, finiscono nei macchinari dei giganti petroliferi. Solo il 5-10 per cento di questo enorme quantitativo torna a scorrere nel fiume senza tracce di inquinamento.
Per ricavare il bitume e separarlo da materiali superflui, in molti siti dell'Alberta sono spuntate quelle che in gergo tecnico si chiamano tailing ponds, dei laghi artificiali dove si accumulano gli scarti della lavorazione delle sabbie. Dentro c'è di tutto: argilla, silicio, ma anche idrocarburi e sostanze chimiche altamente tossiche. Il panorama dell'Alberta è punteggiato da questi piccoli bacini. Nel 2008 le organizzazioni ambientaliste canadesi hanno calcolato che almeno 11 milioni di sostanze siano "percolate" fuori dai muri di contenimento. La protesta ha già portato le tribù dei nativi a intentare cause legali e a inscenare manifestazioni nei giorni delle assemblee degli azionisti di Shell e Bp.
Alla luce di questi precedenti a dir poco inquietanti, non c'è da stupirsi che le comunità di nativi temano che un ulteriore annacquamento della legislazione ambientale potrebbe avere conseguenze disastrose sulle loro già complicate esistenze.
Da greenreport
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Gattanera martedì, 15 gennaio '13 GERONIMOOOOOOOOOOOOOOOOOO! |
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