Pubblicata giovedì, 18 dicembre '03
Tall Oak, Quercia Svettante, dei Narragansett di Rhode Island ci spiega :
Quando giunsero i primi europei, cioè Colombo e il suo equipaggio, fummo chiamati "INDIANI".
La ragione era evidente dal momento che Colombo riteneva di essersi perso da qualche parte sulla costa delle Indie.
Ma qual era il nostro vero nome a quell'epoca?
Si tratta di una questione molto dibattuta. Ma la verità è questa.
In ogni singola tribù, ancora oggi, da una parte all'altra del continente e senza che esistano conoscenze reciproche, quando si cerca di tradurre la parola con la quale dall'origine siamo soliti indicarci tra noi ci si imbatte in un termine che indica sempre la stessa cosa.
Nella nostra lingua è "NUNUOG", Il Popolo, gli "esseri umani".
Ecco come ci chiamavamo tra noi.
Così quando sulle nostre coste giunsero poi i Padri Pellegrini noi sapevamo chi eravamo. Ma ignoravamo chi erano loro. Così li abbiamo chiamati "Awaunageesuck", gli Stranieri.Perché erano loro gli alieni, erano loro quelli che non conoscevamo mentre ci conoscevamo tra noi.
E noi eravamo "IL POPOLO".
Il popolo. Era questo il nome che collettivamente si sono sempre date tutte le tribù indiane del Nordamerica. Non è un caso o una coincidenza fortuita.
L'esistenza dei popoli antichi e di quelli tradizionali in generale, è dominata da due idee fondamentali, quella del centro e quella dell'Origine.
Nel mondo spazialmente ordinato di quelle civiltà ogni valore viene riferito a un centro sacro primordiale dove il Cielo ha incontrato la Terra. Questo luogo è deputato a essere il ricettacolo delle influenze, delle grazie e delle benedizioni divine che si riversano sul nostro mondo.
Lo stesso vale per l'origine, vale a dire il momento sottratto alle causalità temporali in cui il Cielo era tanto vicino che le cose terrestri erano ancora per metà celesti.
Essere conformi alla tradizione del proprio popolo significa dunque essere fedeli all'origine e, di conseguenza, porre la propria esistenza quotidiana al Centro, nella purezza delle origini e all'interno della norma universale.
Tutta la maniera di pensare, agire e comportarsi dei popoli tradizionali s'incardina, direttamente o indirettamente, su queste due idee guida, veri e propri points de repère nel mondo complesso e pericoloso delle forme e del cambiamento.
E' per questo che ogni civiltà antica e ortodossa dal punto di vista tradizionale vive nel ricordo di un Paradiso perduto da cui tutto deriva, considerandosi, legittimamente nel proprio particulare, come il ramo più diretto e la discendenza più fedele dell'Età dell'oro.
Che si tratti di una tradizione immemorabile o di una Rivelazione che restaura l'ordine sacro, quegli uomini e quelle donne, all'interno del cerchio sacro della loro tradizione vivente e regolare, si considerano "IL POPOLO", vale a dire gli interpreti eminenti della razza degli uomini che perpetuano la saggezza e le virtù degli antenati e dell'umanità primordiale. Come facevano le tribù pellerossa nordamericane.
Se tutto ciò valeva per la comunità, a maggior ragione doveva valere a livello individuale. L'importanza che tuttora gli indiani d'America annettono al nome "di battesimo", per così dire, rimane fondamentale.
I nomi indiani sono davvero speciali in quanto sono il simbolo di un potere che viene affidato in vari modi.
Si possono conquistare e si possono tramandare. Giungono attraverso sogni e visioni e rivelano una relazione particolare con le forze della natura e con Wakan Tanka.
Uno degli eventi più importanti nella vita tradizionale di un pellerossa s'incentra sul ricevimento del nome.
Le peculiarità di questa trasmissione possono variare nella forma da una tribù all'altra ma le idee alla base rimangono le stesse. A volte il nome proviene da un ramo particolare della famiglia, in altri casi da sciamani le cui visioni sono principalmente preposte a questa delicatissima funzione. I Lakota, dal canto loro, non annettono grande importanza al primo nome dato, si tratta solo di un suono a cui si deve rispondere. Solo più tardi verrà conferito un altro nome, il "vero" nome.
Questo potrà essere mantenuto per tutta la vita o magari cambiare nello sviluppo degli stati dell'essere che quell'individuo potrà realizzare nel corso della vita.
Si tratta di un pattern facilmente riscontrabile nell'ambito iniziatico, il nome, infatti, sarà tanto più vero quanto più si troverà a corrispondere a una modalità di ordine più profondo che possa esprimere qualcosa di più vicino alla vera essenza di un essere, più vicino a quello che la tradizione indù chiama il dharma, la natura propria di un individuo.
Questo è il vero significato del segreto riferibile ai nomi iniziatici, in quanto il nome profano, l'unico che possa essere conosciuto e pronunciato da tutti, si riferisce alla modalità più esteriore e alla manifestazione più superficiale. E per questo è il meno vero di tutti.
Spesso il nome giunge nel corso di un sogno o di una visione.
Tradizionalmente ogni giovane indiano veniva addestrato dagli anziani della tribù e del clan familiare a cercare una visione tramite opportuni e severi digiuni di cibo e acqua e con la preghiera diretta a Wakan Tanka.
Si trattava, e si tratta, di una sorta di prova, non solo di coraggio ma anche di trasparenza di volontà e di cuore. In alcune tribù un giovane che non riceveva una visione non poteva raggiungere il rango e la dignità virili.
Considerato un uomo a metà era lasciato ai margini della società perchè solo la visione, il rapporto diretto e privilegiato con il Grande Mistero, faceva di lui una forza positiva e benefica per tutto il popolo.
Altri nomi non venivano da visioni o da sciamani ma venivano guadagnati sul campo con eccezionali fatti di coraggio e di audacia.